Gli architetti, in un certo senso, sono immortali. La loro eredità, anche quando saranno scomparsi, sarà sempre e comunque fruibile da tutto il mondo. Questo significa che Zaha Hadid, morta lo scorso 31 marzo, si è guadagnata di diritto un posto nell’Olimpo delle personalità indimenticabili. Il celebre architetto di origini arabe, che per lavoro ha girato il globo in lungo e in largo, aveva appena 65 anni. Un attacco cardiaco le ha stroncato la vita mentre era ricoverata a Miami per una brutta bronchite. Il suo lascito, però, è talmente grandioso e prezioso che Zaha Hadid, in realtà, vivrà per l’eternità.
London Aquatics Centre for the 2012 Summer Olympics in London, England, 2011
Sono suoi, tra le tante cose, alcuni dei più grandiosi progetti architettonici dell’ultimo decennio: il centro acquatico di Londra, innanzitutto, che le fu commissionato in occasione delle Olimpiadi del 2012. Ma portano la sua inconfondibile firma anche il centro culturale Heydar Aliyev dell’Azerbaigian, divenuto il simbolo di Baku, e l’Opera di Guangzhou. E non è finita qui, perché molti dei suoi progetti sono ancora in fase di realizzazione. È il caso, per esempio, dello stadio dove le nazionali di calcio disputeranno i Mondiali del 2022, che si terranno in Qatar. Un’opera attesissima e di grande fascino, che sembra riassumere in maniera egregia quella che era la filosofia architettonica della grande Zaha. La sua visione così moderna, per certi versi addirittura futuristica ed astratta, ha innegabilmente cambiato il mondo dell’architettura, aprendo nuovi scenari e inaugurando una fase del tutto nuova.
The Heydar Aliyev Center in Baku, Azerbaijan
La logica, per lei, non contava. Il virtuosismo scultoreo era la sua musa, la fonte d’ispirazione cui ha costantemente attinto per ideare delle opere tanto grandiose quanto uniche nel loro genere. Una visione che, oltre a tantissime soddisfazioni personali, le ha consentito di vincere, nel 2004, anche il prestigioso premio Pritzker, prima di allora assegnato solo ed esclusivamente ad architetti di sesso maschile. Il giusto riconoscimento alla sua tenacia e a tutti i sacrifici che hanno caratterizzato la sua brillante vita, consacrata all’architettura sin dalla più tenera età. Ce l’aveva nel sangue e lo dimostrò a sette anni, quando chiese di occuparsi personalmente dell’arredamento della sua cameretta. Da lì in poi, si dedicò anima e corpo al suo sogno: quello di realizzare su carta i progetti futuristici che le passavano per la testa. Studiò prima a Beirut e poi a Londra, dove ebbe modo di esporre la sua visione innovativa. E ora che Zaha non c’è più è lecito pensare che 65 anni di vita siano stati troppo pochi per lei. In quanti e quali altri modi avrebbe potuto stupirci, se ne avesse avuti a disposizione un po’ di più?
Heydar Aliyev Cultural Centre in Baku, Azerbaijan, 2012